L’Italia, con il più ampio patrimonio culturale del mondo, è praticamente un “museo a cielo aperto” e i numeri che può vantare sono da capogiro: 3.609 musei; quasi 5.000 siti culturali tra monumenti, aree archeologiche e gallerie; 46.025 beni architettonici vincolati; 34.000 luoghi di spettacolo; 50 siti dichiarati Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, centinaia di festival ed iniziative culturali legate a tradizioni religiose ed enogastronomiche.
L’Italia ha il primato dei siti Patrimonio Unesco
Se prendiamo in considerazione i siti Patrimonio Unesco, l’Italia è leader nel mondo con 50 siti seguita dalla Cina (47 siti) e dalla Spagna (43 siti), inoltre l’Italia rappresenta il 5% di tutti quelli iscritti nelle liste del patrimonio mondiale e l’11% di quelli europei.
L’Italia possiede inoltre il triplo dei musei della Francia (1.218) e più del doppio di quelli della Spagna (1.530); le biblioteche francesi (3.410) sono appena un quarto di quella italiane, mentre la Spagna ne ha circa la metà (6.608). A fare da contraltare a questi numeri c’è però l’altra faccia delle medaglia: di fronte agli oltre 9.7 milioni di visitatori del Louvre, ai 5.9 del British Museum e dei quasi 5 milioni del Tate Modern, solo per fare un esempio, Palazzo degli Uffizi a Firenze registra 1.7 milioni di visitatori e Palazzo Ducale a Venezia 1.3 milioni. Esiste un divario stridente tra la ricchezza del patrimonio artistico e culturale italiano e la sua capacità di attrazione e fruizione. Insomma, siamo ancora lontani dal riuscire a valorizzare al meglio il nostro oro nero, ossia il patrimonio artistico culturale.
Purtroppo la ricchezza economica non è generata dalla quantità o dall’importanza dei beni culturali ma dalla capacità di renderli produttivi. Secondo uno studio redatto dalla Price Waterhouse Coopers l’indotto generato dall’Italia in termini di turismo, attività economiche collaterali ed occupazione è meno della metà rispetto a Francia e Germania.
Eppure la cultura oltre ad essere parte della nostra identità e del nostro orgoglio può diventare davvero un volano dello sviluppo economico e sociale dell’Italia. Secondo un’indagine promossa dalla Commissione Europea il contributo della cultura all’economia e allo sviluppo sociale ha un valore doppio rispetto a quello apportato da altri settori come quello automobilistico, delle costruzioni o delle nuove tecnologie.
I beni culturali sono un settore ad alto valore aggiunto che è cresciuto negli ultimi dieci anni in Europa ad un ritmo superiore al 5% annuo, ma che vede l’Italia molto indietro rispetto ad altri paesi sia in termini di investimenti pubblici e privati sia in termini di innovazione.
…ma è ultima in Europa nell’accesso e nell’uso delle risorse digitali
Ad esempio, stando alle stime dell’Eurobarometro – European cultural values – l’Italia è ultima in Europa proprio nell’accesso e nell’uso delle risorse digitali. Sono pochissimi i musei italiani che hanno una strategia di comunicazione di rilievo sui social network in grado di competere con i numeri delle grandi realtà museali come il Louvre e il British Museum.
La contraddizione è abbastanza stridente soprattutto se si pensa che in Italia è proprio la cultura la risorsa più capillare e importante, un patrimonio fatto di arte, storia, archeologia, tradizione, folclore, antichi mestieri, che lo rendono leader mondiale indiscusso.
Ebbene nonostante questo primato a livello mondiale, il RAC, ossia l’indice che analizza il “ritorno economico degli asset culturali” sui siti Unesco, mostra come gli Stati Uniti, con la metà dei siti rispetto all’Italia, hanno un ritorno commerciale pari a 16 volte quello italiano, Francia e del Regno Unito hanno rispettivamente tra 4 e 7 volte quello italiano.
Eppure l’effetto moltiplicatore indotto dall’investimento in cultura così come hanno dimostrato molti studi è di tutto rispetto: ogni 100 euro di investimenti nel settore culturale si attivano 249 euro di PIL nel sistema economico, mentre per quanto riguarda l’occupazione ogni 2 unità di lavoro nel settore culturale generano 3 unità di lavoro nel sistema economico.
Trasformare i vincoli in opportunità
Questi dati nell’evidenziare i limiti del nostro sistema ci dicono che le opportunità da cogliere sono ancora tante. E che ci sono spazi ancora poco sfruttati per chi vuole operare in questo settore a livello professionale ed imprenditoriale.
Di fronte alle enormi potenzialità di crescita, l’Italia deve tornare a valorizzare appieno i suoi asset fondamentali, cultura, turismo e Made in Italy, settori su cui si gioca davvero la competitività dell’intero Sistema Paese.
“La bellezza salverà il mondo“ faceva dire Dostoevskij al Principe Myskin. E mai come ora, in questa epoca minacciata da integralismi e barbarie, c’è da augurarsi davvero che Bellezza possa ergersi a baluardo contro ogni tentativo di oscurantismo.
La grande chance dell’Expò di Milano
Una grande occasione per l’Italia è ormai alle porte: dal 1° maggio si apre l’Expo di Milano, un evento unico che se ben sfruttato può rappresentare davvero un formidabile volano per rilanciare il turismo e più in generale tutto il nostro “Made in Italy”. Di fronte a questa grande opportunità siamo tutti chiamati a fare la nostra parte: se vogliamo davvero che la bellezza ci salvi, non ci resta che partire alla scoperta del mondo riunito in questa enorme vetrina internazionale.
L’Expò di Milano sarà un palcoscenico straordinario dove l’eccellenza Italiana avrà l’occasione di presentarsi al mondo al pari di quella degli altri 144 Paesi aderenti alla manifestazione. Che aspettiamo dunque a salire anche noi su questo palcoscenico?
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